Napoli | povertà sempre più diffusa, al limite della disperazione
«Una legge sul Reddito di cittadinanza, non deve essere sperimentale, ma inserirsi in una logica di politica nazionale», sostiene la sociologa Dora Gambardella
di Paulette Ievoli
NAPOLI | Il problema povertà in Campania, causato soprattutto, dalla quasi impossibilità di accesso al mondo del lavoro, sta assumendo connotati di disperazione sociale, sempre più diffusa. Vittime, sono le persone emarginate per motivi socio-culturali, che non hanno gli strumenti per rapportarsi a un mondo sempre più dominato dalla cultura telematica, che non guarda più all’individuo come risorsa umana ma come soggetto, la cui funzione è relativa al suo adeguamento agli standard basati sui modelli di comunicazione contemporanea, a cui non tutti hanno accesso. È il caso degli «invisibili», ossia di quelle persone senza qualifica professionale, che pur avendo voglia di lavorare, si ritrovano fuori dalle logiche della produttività. Molti tra questi, vinti dalla rassegnazione, smettono di cercare lavoro, e sopravvivono, privati di un diritto che non dovrebbe avere condizioni. Tra questi, la maggior parte, vengono sostenuti economicamente dalle famiglie, i più sfortunati, che non possono contare sull’aiuto economico di una famiglia, si ritrovano senza un lavoro né una casa, e vanno tristemente ad alimentare il numero dei senza fissa dimora. Prendendo spunto dal libro della sociologa Dora Gambardella: «La valutazione del Reddito di cittadinanza a Napoli. Quale futuro per le politiche di sostegno al reddito», abbiamo rivolto alcune domande all’autrice.
Si ha l’impressione che le politiche regionali, specie quelle sul lavoro, si concentrino sui giovani, diplomati e laureati, dimenticando, la vasta schiera di persone che non hanno una preparazione qualificata, e che nonostante il desiderio di lavorare, non hanno alcuna chance di inserimento, e sembrano condannati alla povertà, quella più disperata
«II problema povertà a Napoli c’è sempre stato, oggi è più visibile e devastante a causa della crisi economica, ma è sempre stato un problema strutturale, al quale non si è mai trovata una soluzione adeguata. Inoltre, il fenomeno povertà è molto complesso, perciò ogni aspetto di questo problema và affrontato in maniera adeguata al caso. Ben vengano le politiche attive per il lavoro a favore dei giovani, che garantiscono percorsi di formazione che facilitano l’ingresso nel mercato del lavoro. Non sono da considerarsi un’attenzione maggiore verso certe categorie piuttosto che di altre. Naturalmente queste politiche non devono limitarsi a proclami ma ad azioni concrete».
Il problema povertà và quindi affrontato con una politica assistenzialista? C’è una differenza tra Welfare e assistenzialismo?
«Vogliono dire la stessa cosa. Compito dello Stato sociale è quello di tutelare, proteggere le persone che per vari motivi sono impossibilitati a farlo da soli. E non solo per mancanza di lavoro, ma anche perché impossibilitati da condizioni precarie di salute e socio-culturali».
In questo contesto si inserisce l’importanza di una legge sul Reddito minimo garantito?
«Oggi, alla luce, della sempre più evidente povertà, in Campania si ricomincia parlare di una legge in tal senso. Le proposte in campo sono molte diverse. In passato, la legge regionale sul Reddito minimo garantito, poi abrogata, non ha risolto nulla perché era una sperimentazione e soprattutto perché non era sostenuta da una logica di politica nazionale».
Quale caratteristica dovrebbe avere questa legge?
«Una legge efficace non può essere sperimentale, ma deve essere un diritto che sia individuale e selettivo. È un diritto del singolo cittadino. Sono perciò importanti le azioni di monitoraggio e valutazione, per seguire costantemente la vita delle persone e poterle tutelare. Altra cosa importante: l’accesso al Reddito di cittadinanza non può essere regolato da un bando, ma deve essere un diritto di tutti. In questa ottica, anche la carta acquisti assegnata alle famiglie più bisognose, non si rivela un beneficio, in quanto solo al 12% delle famiglie che ne fanno domanda, viene assegnata questa carta».
Possiamo dire, sarcasticamente, che l’Italia è una Repubblica fondata sulla famiglia e non sul lavoro?
«Sicuramente. In assenza di uno Stato sociale, la famiglia ha una importante funzione di ammortizzatore sociale».
Giovedì 4 luglio 2013